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L'ARMATORE

Sandro Buzzi, armatore appassionato


Sandro Buzzi, classe 1933, uomo di impresa e di successo, sviluppa negli anni una forte passione per il mare che lo porterà dopo anni di esperienza trascorsi tra barche di diversa tipologia, tra le quali Charles Jourdan che partecipò alla Whitbread '89/'90, a concepire il progetto di Junoplano.
Era il 1992, al tempo della Coppa America del Moro di Venezia e Buzzi vola a San Diego per parlare con Calderon. L’idea si trasforma presto in progetto per ottenere una barca adatta a navigazioni oceaniche, che non sbandasse e navigasse sempre in assetto, sia perché "è più comoda" sia perché uno scafo tradizionale, nel momento in cui sbanda, perde circa il 30% della velocità. E come afferma il grande Bruce Kirby: "narrow is always faster provided the necessary stability can be obtained at comparable weight".

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Sandro Buzzi si racconta:  60 anni di mare e di barche di altura

Sono nato nel 1933 con la passione del mare: non quello con la spiaggia e gli ombrelloni; quello vero, grande, aperto, con solo l'orizzonte come limite.


Gli anni ’60 sono quelli che portano nella mia vita le “barche d’altura”.

Avevo già 4 figli piccoli e per mia fortuna, una moglie molto paziente.

Luasso​​
Nel ’63 acquisto (da Solaroli su consiglio di Paolo Vitelli) il Requin “Luasso” (branzino in zeneise), una barca francese in legno, molto elegante, simile al Dragone, ma con due cuccette interne. Non adatta a lunghe tratte: la più lunga e bella fu quella con Maria Luisa a Porquerolles. Nel ’68 la cedetti a Max Piovesana che la tenne anni a Venezia e poi la sistemò, vecchia ma bella, nella sua villa di Oderzo.
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Juno

Nel ’66 ci fu il primo vero acquisto della Joint Venture “Sandro-Marco (Dufour)” : un S&S (Sparkman & Stephens), di ca. 40’, di seconda mano.

Si trovava a Fiumicino e batteva bandiera americana! Andammo a Roma a trattarlo col proprietario, segretario di ambasciata USA ed ex- colonnello dei Marines.

Il nome della barca era “Juno” poiché l’armatore ricordava così il suo sbarco in Normandia sulla spiaggia Juno nel famoso “giorno più lungo”, il 6 giugno 1945.

Era l’ultimo S&S con chiglia e timone ravvicinati; dopo qualche anno Dick Carter inaugurò all’Admiral Cup il timone separato e da allora tutte le barche lo adottarono.

Lo pagammo 8 mil.di lire, 4 mil. Marco e 4 mil. io (due me li diede 2 Papà che approvava l’idea)

Il nome Juno poi non cambiò mai: rimase tale per tutte le mie barche escluso Charles Jourdan per ragioni di sponsor nella Whitbread ’89-’90.


Juno II

Ma già nel ’69 seguiva Juno II°, scafo di 12 m.(39’), di progetto francese e costruzione dei f.lli Nicolotti ad Avigliana.


Fu lì che conobbi Malingri padre; aveva messo in evidenza ai piedi del suo albero un cartello che diceva “ Vento = Agente atmosferico proveniente da prua”; ingenuamente chiesi perché?….se non ce l’hai contro ‘non è un Vento’…fu la risposta di Malingri.


Juno II° era molto largo, comodo, con leggero spigolo alle fiancate, adatto alla crociera ma lento in regata. Il suo primo viaggio in Corsica non fu fortunato; finii su uno scoglio entrando ad Ajaccio. Ed anche la sua Giraglia ’72 non lo fu: infatti, finii penultimo con un tempo superiore alle 90 ore….Lo vendetti abbastanza bene nel ’73 alla famiglia Rotta, sostituendolo col bellissimo Juno III°, Carter ’39, verde, esposto al Salone di GE, versione in vetroresina, prodotta in Grecia, del famoso ‘La Meloria’ di Mary Pera.


Già dal ’64 io regatavo parecchio sul Benbow I° di Recchi, un ketch classico di 24 m. in legno, molto bello, che Recchi aveva trovato abbandonato in un capannone dell’isola di Wight e ripristinato in modo perfetto.


Sul Benbow imparai a navigare, e ne divenni il navigatore ufficiale; per il punto usavo il sestante e solo più tardi passammo al VOR aeronautico.


Mi ricordo che - alla “Giraglia” negli anni ‘60 - arrivando dal largo verso la costa ligure, cercavamo di capire dove fosse Sanremo; sembra ridicolo oggi, ma allora col solo sestante, senza né VOR, né Loran, né GPS, non era banale e molti, anche navigatori più esperti di noi, prendevano cantonate e atterravano su Capo Mele o Cap d’Ail.

In quei momenti avevamo la sensazione precisa di quanto la terra fosse ‘rotonda’; dal largo si vedevano le montagne ma per es. l’autostrada e i suoi ponti erano nascosti…. sotto l’orizzonte. E questo rendeva difficile individuare Sanremo.


Juno III

Negli anni ’70 – con il cugino Marco Dufour - continua la ricerca di belle barche adatte alla crociera ma soprattutto ai nostri sogni ‘regatistici’:

Come detto, Juno III°, il Carter 39’ verde, è del ’73, acquistato in dollari. Questo mi permise di rivenderlo nel ’77 in lire, con un netto guadagno per il nuovo rapporto dollaro-lira; fu l’unico caso in cui, insieme a una bella barca, feci anche un buon affare.

Juno TT 

Nel 1978 presi contatto con Dick Carter che avevo rivisto in riunione con Recchi per la costruzione del nuovo Benbow. Era una persona molto competente, appassionata e affascinante. Era di Boston,  e in quegli anni divenne famoso in Europa per le prestazioni dei suoi “White Rabbit” e “Williwav”, “two tonner” vincenti alle regate dell’Admiral.


In Italia Dick si appoggiava a Lionello Gasparini, simpatico e geniale. Con Lionello organizzammo la costruzione di JUNO TT 42’ (two tonner) – ITA 7788 – in C-Flex e fibra Fabmat 80, a Pesaro presso Comet-Yacht, padre e figlio artigiani, autonominatisi “fabbricatori dello Juno TT”! Le vele erano North e Beilken con albero Stern.

Aveva coperta flush deck in tek 12 mm. Il motore era situato davanti all’albero, per distribuzione migliore dei pesi e una cuccetta doppia sotto il pozzetto, ampia ma senza altezza..


Fu varato in agosto ’77 in Adriatico e ne seguì subito il viaggio inaugurale, con la famiglia per la costa croata, In piena notte ci accorgiamo che l’asse del timone fa acqua; incominciamo a pompare  e cerchiamo di rientrare ad Ancona al più presto.

E qui ritroviamo i ‘fabbricatori’ padre e figlio, distrutti come noi da questa prima prestazione della loro creatura.


Ripariamo l’asse timone, torniamo in Croazia, la seguiamo tutta fino all’isola di Miliet e di qui a Mola di Bari per ritrovare vivo ma cieco Gaetano, detto “Broccolino”, il nostro pescatore di Celle degli anni ’40 e ‘50.

Proseguiamo poi per Santa Maria di Leuca, Capo Rizzuto e lasciamo la barca a Reggio

Calabria a disposizione di Marco.


Juno TT vince le Giraglie ‘78 e ’82, la Capraia ’78 e ’79, la Settimana di Alassio YCI ’78 Partecipiamo anche a due Sardinia Cup a squadre ’78 e ’82. Nella seconda con Dick Carter al timone - eravamo in squadra con Guia di Giorgio Falck e Karina von Forrell.


Fu poi venduto a fine ’83 a un cugino di Lionello che stava a Boston. Chi lo portò a Miami, consegnandolo al nuovo proprietario, fu Tojo (Vittorio Regazzola), trentino e gran marinaio, accompagnato dalla sua bellissima compagna argentina Ela e da molte bottiglie di Barbera che avevo preparato per Lui in sentina. Tojo oggi è vivo a La Spezia, seppur gravemente ammalato di atassia spino-cerebellare.


Quando è possibile andiamo a trovarlo e pranziamo insieme a Portovenere, per Lui luogo di delizie.


Mi dissero poi che Juno TT era stato ‘horribili dictu’ dipinto in rosa; ed in effetti in una visita a Boston vedemmo una bella barca all’ancora nel porto, di colore rosa…!


Juno ULDB 50

Nel 1983– dopo un contatto con Jay Crum di Santa Cruz – sviluppo il progetto di un una nuova barca, JUNO ULDB 50’ (ultra light displacement boat) di tipo californiano su progetto Bill Lee, amico appunto di Jay.



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Ma vengo a sapere che il progetto è stato venduto in Italia, al sig.Frigerio di Bergamo che ne vuole costruire una piccola serie. Con Lui combiniamo la costruzione, italiana, di un ULDB californiano. Nel 1984 siamo in mare, la barca è velocissima con le nuove vele di Marco Holm, e con Jay facciamo una Giraglia record in 28 h 28’, arrivando secondi, 8 min dopo il Benbow 2° che deterrà poi questo record per 10 anni.


Nel 1985 l’amico “Pollerù (Claudio Pollero) porta Juno Uldb in Adriatico e – con a bordo il costruttore Frigerio e la sua bellissima Valeria (testimonial TV dei Pavesini…) - vinciamo la famosa RI-CO-RI (Rimini-Corfù-Rimini) di più di 1000 miglia. Anche nell’86, al campionato di Classe A a Capri, facciamo un’ottima figura.


L’anno seguente, il 1987, è quello della grande vittoria – su 190 barche presenti (di cui 10-12 veramente competitive; le altre più in relax) - nella nostra 1° regata transoceanica Transat des  Alizées da Casablanca a Guadaloupe con lo Juno ULDB, il 50 piedi ultraleggero costruito in Italia su disegno di Bill Lee californiano. Quindici giorni di intensa regata con equipaggio familiare ma di buona esperienza: e con un ‘grande navigatore’, il sottoscritto, che  considerava l’Atlantico come un normale ‘triangolo’ in cui strambare in punti precisi…

Nell’equipaggio, oltre a Michele, Massimo, Gianni: Mestrom, Vittorio “Il Pollo” radio-esperto, Cecconi, Achille volonteroso e pericoloso (se non trova qualcosa da riparare…lo rompe Lui), e Franco Bertinetti olimpionico di spada e qui cuoco della compagnia!


Secondo con 8 ore di distacco, arrivò “Raguenard”, portato dal grande navigatore francese Patrick Morvan, allora record di traversata Atlantica: Patrick era bravo ed esperto, molto più di noi, ma la barca – un prototipo di Finot costruito in acciaio dal cantiere “Le Guen Hémidy” - per fortuna era un pizzico più lenta di Juno.


Bertinetti, grande sportivo, olimpionico di spada, ci spinse in testa col suo insistente ‘mantra’ “ secondi no” e anche papà, raggiunto da una telefonata su onde lunghe, agganciando un ‘radioamatore proibito’ di Ravenna, ci disse (eravamo secondi quel momento): “secondi non va bene…tirate fuori tutta la biancheria che avete…forza”.


E arrivammo primi; grande accoglienza della TV locale, dichiarazioni, consumazioni gratuite in tutti i bar di Guadaloupe.…perché avevamo battuto i Francesi, poco amati.

In banchina ci accolgono Bertinetti moglie e altre signore di VC, venute apposta all’arrivo.

Bertinetti stenta a sbarcare per l’aneurisma alla gamba ed io lo aiuto a scavalcare la draglia; aveva rinviato l’operazione per venire a bordo, ma da Guadaloupe subito vola a Boston per essere finalmente operato. Ed io volo a San Antonio, anzi a Phoenix, per il lavoro che aspetta.


Juno ULDB, dopo tante altre regate e crociere, tornerà poi in Adriatico nel 1989: ceduto al noto skipper Bert Mauri, col quale vincerà per anni le più importanti regate adriatiche.


Charles Jourdan


A fine 1989 la mia splendida nuova barca, (all’inizio mia solo al 50%, in società col Cantiere) Charles Jourdan (CJ), 72 piedi (22 m) “ultra light displacement”, progettata da Guy Ribadeau Dumas e costruita da MAG a Fontainaie le Comte (La Rochelle), con scafo di soli 18 mm di spessore in pre-impregnato di carbonio, per la prima volta cotto in forno apposito a 100°C, era pronta per la Whitbread 1989-90 (Giro del Mondo a vela in regata)


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La messa a punto di CJ avvenne a Trinité sur Mer con la partecipazione di alcuni grandi navigatori francesi – guidati da Philippe Poupon con moglie - in aiuto all’amico skipper Alain Gabbay. Avevamo trovato appoggio e sponsorizzazione per la regata dai fratelli Wassmer, cementieri ma anche proprietari della casa francese Charles Jourdan.

La partenza della Whitbread avvenne il 2 settembre ’89 a Southampton con la 1° tappa di 5938 miglia in direzione Punta del Este Uruguay. (vedi in allegati i dati tecnici e il completo report di Gael de Kerangat sulla Whitbread).

Maria Luisa ed io a Southampton eravamo certo fra gli spettatori più interessati. A bordo - come capo turno - anche Florence Arthaud, la più grande navigatrice francese del tempo.


Io poi seguii la barca ‘ in aereo’ intorno al mondo, in quasi tutte le sue tappe: Punta del Este, Auckland, con imbarco a Fort Lauderdale– insieme agli amici Jay Crum e Bill Biewenga - per l’ultima tappa (la 6°) verso Southampton.  Gabbay, all’entrata dei Needles, mi passò il timone dicendo “taglia Tu la linea, la barca è Tua”.

Finimmo - il 4 maggio ’90 - 6° su 16 barche; dietro di noi Gatorade di Giorgio Falck. Davanti a noi i tre grandi ketch Steinlager, Fisher & Pykel, The Card e i potenti sloop Merit e Rothmans ben più grandi di CJ.

Io rimasi poi in contatto per anni col mondo degli skipper Whitbread  con la funzione di vice-presidente della loro associazione (presidente era Fehlmann di Merit).



Charles Jourdan alla Whitbread 1989-1990

La regata

L'equipaggio 

Scheda tecnica

Le tappe

Il diario di Gaël de Kerangat

Riflessioni del progettista Guy Ribadeau-Dumas

Il video ufficiale della regata




Dopo la Whitbread CJ andò a La Rochelle per un controllo generale della strutture. Poi con Maria Luisa ed equipaggio familiare, ben aiutati da Jay Crum e Fred Dahirel, raggiungiamo con faticosa bolina fino a Cap Finisterre, Vigo; poi Lisbona, Gibraltar, Cartagena ecc. fino ai Balzi Rossi e poi a Genova, finalmente a casa, all’ancora al centro della banchina YCI.


Questa è una storia bellissima che è durata ancora per anni.

Nel ’92 eravamo nuovamente in oceano – con equipaggio di famiglia e di amici professionisti - nella Transat 1992 (la 2°) su percorso lungo di ben 4400 miglia (Cadiz-Canarie-Martinica-St.Barthelemy-Guadaloupe), attraversando l’Ocean Atlantico dall’isola di Hierro alla boa di Martinica in soli 10 gg e 6 h a 12 Kn di media (tempo minore fra tutte le barche presenti!) e arrivando 3° al traguardo dopo Steinlager (ora di Falck con nome Safilo con Gabbay skipper) e Merit di Fehlmann !


Dal ’93 al ’95, seguirono poi le nostre grandi regate internazionali con Charles Jourdan In Mediterraneo a Saint Tropez, Palma di Maiorca, Porto Cervo, poi al Tour d’Europe (con nome dello sponsor “Nicorette”) con arrivo a Stoccolma e vivo interesse di Re Gustavo V°, che fra tutte le barche maxi ancorate davanti alla Sua reggia preferiva proprio CJ.

Il Re venne a bordo per la regata nei fiordi del porto e passò democraticamente la giornata con noi. 

Ludde Invall, gran marinaio e vero amico entrò nel ’93 con me in CJ, in società al 50/50, ma il nome dell’armatore sul libretto continuò, per sua volontà, ad essere Sandro Buzzi.

Con la gestione di Ludde, CJ partecipò sempre con alcuni di noi a bordo a tre “Gotland Runt” in Svezia (ritiro nel ’93 e vittoria nel ‘94!) e a due Fastnet ’93 e ’95 (con vittoria – nel ’95 - sia in tempo reale che compensato con il record del maggior distacco al secondo, record che tiene ancor oggi). Vincerà ancora il Fastnet del ’97 in tempo compensato col nuovo proprietario Gunnar Ekdhal sotto il nuovo nome Royal Blu.


Il ’95 è l’anno della nostra seconda vittoria nella 3° Transat des Alizèes, la regata oceanica degli alisei, già vinta nel 1987. Qui la barca era quella di mio fratello Massimo, il veloce Vallicelli 65’ “M’Sabu” (“mia Signora” in swahili); eravamo in 12 a bordo divisi in due turni da 6, il “turnuvo” e il “peturno” ; ricordo l’arrivo perfetto di Pigio sotto spi tenuto quasi di bolina fino alla linea, il taglio della barba finale di Massimo a Guadaloupe e l’ubriacatura di Paolone a pancia all’aria…sotto la palma, all’arrivo, dopo essersi scolato l’intera bottiglia di rhum.


Junoplano

Ma già prima, fin dal ’93 avevo pensato molto al progetto “Junoplano”, da un’idea di Alberto Calderon, progettista di Dennis Conner (v. suo articolo “Sailing into the Future- Sail 1992, in allegato…): una barca molto speciale…molto veloce…per regatare intorno al mondo con una barca mia, vincere le tappe…e tornare a casa negli intervalli di gara per tenere il contatto col lavoro in Italia e USA. Un piano fantasioso ma non impossibile…



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L'articolo di A.Calderon "Sailing the future"

L'articolo di Paola Pozzolini Sicouri "Junoplano, mai più allo sbando"

Ma non andò così…Junoplano, fantastico innovativo progetto di Alberto Calderon di Dyna Yacht, San Diego, (professore di Aero e Idrodinamica all’università di Standfort), con linee d’acqua e appendici speciali, e di Giovanni Belgrano per la eccezionale struttura dello scafo “da giro del mondo” e da me – architetto navale in pectore…ma non male – (foto della carena Junoplano su mio disegno) per tutto ciò che sta sopra la linea d’acqua, costruito da Speedwave - Jettingen in Germania (perché specialista nelle appendici in carbonio) e completato da Vismara e varato nel settembre 1997 a Viareggio, primo CBTF (Canting Ballast Twin Foils) oceanico.

Era pensato per gli Oceani e il Giro del Mondo dell’anno 2000 (detto Millenium-Odissea), e dotato di albero alare e rotante di Thierry Petitjean, si trovò la “carriera” sbarrata dall’armatore stesso, “pensionato ma poi molto impegnato in un nuovo compito di lavoro” (AD Unicem), e navigò solo in Mediterraneo.

Aveva però un piano velico adatto all’Oceano e a venti da 10 Kn in su, ma non alle bonacce mediterranee, e il piano fu ampliato solo nel 2005 su progetto Maxspar con Alessandro De Riso, allungando albero e alzando i punti di drizza vele di ca. 4 metri.

E direi con successo.


Comunque – con l’albero originale in carbonio M40 di Petit Pétitjean oggi eretto nel giardino degli uffici di Casale Monferrato - nel 2000 vincemmo la Tre Golfi e la Brindisi-Beirut e l’anno dopo la Roma-Tunisi con il record di velocità che detenemmo -mi pare- per 5 anni.

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